Il 16 giugno 2018 si è tenuto a Roma il primo Incontro Nazionale delle scuole Penny Wirton. Eravamo in tanti nella sede di Casal Bertone messaci a disposizione dalla Regione Lazio. Presto forniremo, a cura di Raul Diaz, giornalista venezuelano, un resoconto visivo della giornata trascorsa, ma intanto vogliamo ringraziare quanti sono intervenuti. È questa per noi l’Italia più bella, quella in cui crediamo davvero.
Da Forlì e Faenza a Ponte nelle Alpi, da Bologna a Limana, da Bari a Milano, da Noventa Padovana a San Cesario sul Panaro, da Modena a Chioggia, da Lanciano a Trento, da Villanova di Castenaso a Treviso, da Monterondo a Passo Corese, da Firenze a Borgo San Lorenzo, da Viterbo a Bisceglie, da Lucca a Colle Val d’Elsa e Poggibonsi, tutti hanno risposto: presente! Chi non ha potuto partecipare, ci ha inviato foto, testi, auguri e baci.
Donne e uomini, adulti e ragazzi, impegnati a insegnare gratuitamente la nostra lingua agli immigrati in un rapporto personale e diretto, si sono pagati di tasca propria le spese di viaggio e soggiorno per venire a raccontare la loro esperienza. C’è stato anche chi ha partecipato nella speranza di poter costruire nuove scuole: ad esempio la professoressa Carla Sclarandis di Pinerolo, che ha portato con sé anche due suoi allievi, alzandosi all’alba insieme a loro; la professoressa Ilaria Prosperi di Rimini, ugualmente appassionata e volitiva.
Non potevano mancare gli studenti, fra i quali spiccano i minorenni africani, indiani, pachistani e albanesi di Casa Padre Palma, struttura di accoglienza di Morlupo, a poca distanza dalla capitale, che ci hanno tenuto compagnia offrendoci uno squisito cous cous preparato da loro stessi. Altri sono intervenutisemplicemente come uditori restando per diverse ore ad ascoltare le relazioni dei coordinatori. Nel folto gruppo c’era anche la dottoressa Alessandra Cavallin, della Erickson, la casa editrice che ha appena ristampato, in abbinamento col Margine, il manuale e l’eserciziario della nostra scuola: “Italiani anche noi”.
Un centinaio di persone di ogni parte d’Italia, ognuna con un mondo, un carattere, una sensibilità speciali: chi mosso da ideali civili, chi spinto da ragioni politiche, chi animato da una fede religiosa, chi teso a superare una crisi esistenziale.
Sappiamo che nessun gesto è privo di significato sociale. Anche un battito di ciglia ha una ricaduta collettiva. Magari bastassero i precetti legislativi a costruire l’Europa del futuro! Finché non scendiamo in campo noi stessi, nel confronto con altri popoli, nessun lavoro umano potrà mai essere compiutamente svolto.
Per questo sabato scorso eravamo emozionati. Tutti diversi uno dall’altro ma uniti, gomito a gomito, da una pratica comune: insegnare la lingua italiana agli immigrati, senza classi, senza voti, senza burocrazie e senza soldi, uscendo di soppiatto e con qualche spunto sbarazzino di sorprendente leggerezza dalla pesante logica retributiva che ci governa: io ti do, tu mi dai.
Proviamo a pensare cosa potrebbe accadere se riuscissimo a organizzare e sostenere altre azioni così, in grado di superare gli steccati che ci dividono: forse potrebbe essere, se non la rivoluzione, almeno un bel contributo nel tentativo di trovare un nuovo modo di stare insieme, cioè anche una ragione per vivere.
(Eraldo Affinati)