Carissime amiche e amici delle Penny Wirton d’Italia,
dieci anni fa nasceva la prima Penny Wirton romana. Oggi, con Viareggio, Cento, Pinerolo, Varese e Senigallia (ultime nate, chi ancora in partenza, chi già avviato), siamo a 42 punti didattici in Italia. Ma sappiamo che in altre zone del Paese (senza dimenticare Lugano, in Ticino), alcuni docenti appassionati stanno cercando di organizzarsi per entrare nella nostra famiglia
fatta di persone meravigliose che non si arrendono e continuano a credere, nonostante tutto, nel futuro. È un bel fermento: ci piace vedere questo fiume che scorre. Dove andrà a finire? Quali altri fiori nasceranno? Non lo sappiamo. L’importante è gettare il seme.
Insegnare la lingua italiana agli immigrati uno a uno, senza voti, senza giudizi, senza burocrazie, senza soldi, significa imparare a conoscere Mohamed, Alina e Petrit: guardarli negli occhi, sorridergli, stringergli la mano, accoglierli con fiducia e benevolenza, sapendo che tutti possiamo sbagliare, noi per primi, ma nessuno potrà impedirci di continuare a puntare sulla qualità della relazione umana. Abbiamo bisogno uno dell’altro: senza acqua la pianta muore.
Se tale proponimento non si vivesse ogni giorno, ora per ora, nel luogo in cui ci troviamo, con chi c’è, non chissà dove, secondo il carattere e la sensibilità di ognuno, diventerebbe lettera morta. Noi siamo tutti diversi, ma nel momento in cui ci sediamo al tavolo, di fronte ai minorenni non accompagnati, alle donne con bambini, ai richiedenti asilo politico, ai profughi e ai mendicanti, diventiamo tutti uguali: cittadini pronti a metterci in gioco in un rapporto vero, non edulcorato.
È così che ci contrapponiamo al razzismo, alla protervia, all’ignavia, alla stupidità, alla violenza. Praticando i valori della pace, della tolleranza, della pazienza, dell’equilibrio, della democrazia. Coi fatti concreti e con parole legittimate dall’esperienza. L’Europa cominciamo a costruirla in questo modo: a tu per tu.
Ciò non significa illudersi che siano tutte rose e fiori. Al contrario, sappiamo quanto l’essere umano possa essere invadente, antipatico, pericoloso. L’inciviltà dei fili spinati nasce prima nel giardino sotto casa. Soltanto dopo i codici si fanno avanti come spugne per lavare il sangue. In Libia e nel Mar Mediterraneo, sì, ma anche nel palazzo di fronte. Sull’autobus che prendiamo la mattina per andare al lavoro.
Vogliamo predisporre nuove alleanze: come quella che vediamo scattare nei nostri volontari, giovani e anziani.
A noi piace mischiare i colori. Mangiare l’hummus insieme al panettone. Fare festa dentro la pozzanghera. Regalare le scarpe e i biglietti del tram affinché i ragazzi vengano a trovarci. Insegnare a scrivere il nome. Riscoprire insieme agli analfabeti la dimensione verbale delle nostre esistenze. Trasformare la scuola in vita.
Non dobbiamo mandare mai via nessuno: solo su questo siamo intransigenti. Per il resto accettiamo ogni errore. Sappiamo di essere imperfetti. Ma ci siamo imposti di credere nel valore della risposta sbagliata, semmai guardando con sospetto la maschera della risposta giusta. E poi abbiamo tanti giochi da condividere coi nostri studenti quando sono stanchi. E tantissime caramelle!
Viva Penny Wirton e tutte le donne, gli uomini, i ragazzi e i bambini che la stanno facendo diventare sempre più grande.
Non vi dimenticate di inviarci foto, testi e testimonianze: è necessario farci vedere in modo che anche altri si sentano spinti ad agire. Per quanto mi riguarda, nel prossimo anno, a fine marzo, pubblicherò un libro che, a partire dalla Penny Wirton, rifletterà sui temi a noi cari: educazione, libertà, gratuità, accoglienza, democrazia. Ci saremo dentro tutti!
Cominciamo a prepararci anche per l’incontro annuale di giugno, quando ci ritroveremo per la seconda volta tutti insieme a Roma. Ogni suggerimento operativo sarà benvenuto. Fatevi sotto con proposte e programmi.
Auguri di cuore, di buone Feste e di ogni bene per uno splendido 2019, a ognuno di voi, con bacioni costanti e ripetuti!
Eraldo e Luce