Penny Wirton: storie e incontri all’assemblea annuale del 15 giugno 2024

Dopo la cronaca in diretta di Luisa Monforte dalla sala affollata di Casal Bertone, ora ascoltiamo il racconto e le riflessioni di Giovanna Bacco, per fare memoria dell’importante incontro che ci vede ogni anno condividere, scambiare, confermare lo spirito di aiuto e di accoglienza che ci accomuna per tutta Italia. Vedi anche  https://www.iquadernidellapennywirton.it/2024/07/08/settima-assemblea-annuale-penny-wirton-a-roma/

Penny Wirton: storie e incontri all’assemblea annuale

di GIOVANNA BACCO

Una giornata ricca di storie e riflessioni, in cui si è aperto il proprio cuore e ci si è sentiti a casa, nel racconto di Giovanna Bacco.

Sabato 15 giugno nella sede di Casal Bertone, a Roma, si è svolta la settima assemblea nazionale della Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti. Una giornata ricca di testimonianze, storie, riflessioni, in cui si è aperto il proprio cuore e ci si è sentiti a casa. “Alla Penny Wirton ci sentiamo una famiglia”, hanno, infatti, sostenuto i fondatori Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi. C’è, per esempio, Giorgia, una giovanissima studentessa del PCTO, che racconta di quanto inizialmente fosse spaventata e demoralizzata all’idea di dover insegnare l’italiano a un ragazzo analfabeta, ma poi si è innamorata della Penny Wirton, al punto da volerci ritornare anche il prossimo anno. E poi c’è uno studente migrante che ama l’Italia e gli italiani e che oggi lavora nel bar della stazione di Siena, dove ha imparato a fare un ottimo caffè e una pizza squisita.

A tutte le scuole sono stati poi assegnati quattro tavoli tematici, attorno ai quali si sono riuniti insegnanti, volontari e studenti migranti. Il primo tavolo è stato dedicato allo “stile didattico della Penny Wirton: unicità e caratteristiche”. Accoglienza, rispetto, attenzione, inclusione, empatia, conoscenza e rapporto individuale sono solo alcune delle parole che sono state usate per descrivere la Penny Wirton. Nessuna parola richiama, però, lo stile didattico, se non con la delicatezza propria della scuola-nonscuola che lo lascia sottinteso anche quando lo applica. La parte più emozionante è stata quando i volontari insegnanti hanno ricordato i momenti più belli, come se fosse una vera e propria lezione, in cui è prevalso l’elemento affettivo su tutto il resto: per esempio, il sorriso dell’allievo quando arriva la merenda, la solita allegra confusione quando si entra a scuola o a fine lezione quando l’allievo esprime la sua riconoscenza ringraziando. Affinati sottolinea l’importanza del non essere servi del risultato, perché non dovrebbe condizionarci, in quanto ognuno è se stesso e si scambia con gli altri e ciò porta all’arricchimento, alla condivisione.

Il secondo tavolo ha visto come tema la “Testimonianza guidata di un/a migrante presente nella nostra scuola”. È stato quello più numeroso, con molteplici storie e un’energia contagiosa, come quella di Bailo, arrivato in Puglia, che sta imparando la lingua e di Vivian, che cerca un lavoro. Queste storie sono le nostre storie, sono persone che sono cadute a terra, ma che sono riuscite a rialzarsi, sempre. Dal terzo tavolo “Che cosa sto imparando da questa mia esperienza di volontariato alla Penny Wirton?” è venuta fuori una ricchezza straordinaria, che ha messo in evidenza la persona, non la massa. Un incontro personale che fa cadere tutte le barriere, tutti i pregiudizi. È anche emersa l’importanza di passare il testimone, ch

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e rappresenta un massaggio indubbiamente significativo.

E poi nel quarto tavolo “Ho fatto un sogno sulla Penny Wirton che vorrei trasformare in progetto. E ve lo racconto” i volontari della Penny Wirton si sono rivelati dei veri sognatori. Ad esempio, il sogno di Emily, una giovanissima alunna di un liceo classico, è quello di educare all’accoglienza nelle scuole. Molti dei suoi compagni di classe non sono a conoscenza dei viaggi che i ragazzi migranti sono costretti ad affrontare e, secondo Emily, “occorre rendere più consapevoli i giovani di ciò che realmente accade, in quanto sono indottrinati da stereotipi, del tipo: gli italiani sono italiani e devono rimanere tali, una frase che fa rabbrividire”.

Numerosi sono stati poi gli originali contributi da Bari, Milano, Modena, Padova, Parma, Rodano, Siena, Torino, Udine, Viterbo, e decine di altre città in cui la Penny Wirton ha sede e che hanno testimoniato quanto lavoro sia stato fatto quest’anno e quanto sia fondamentale entrare in contatto con queste realtà. “Che ci facciamo qui? Siamo qui perché l’umanità non è morta”, ha affermato una volontaria a conclusione di una intensa ed emozionante giornata.

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